Nonostante la rapidità delle operazioni, il trasporto delle opere fu effettuato con una certa cura. Prima di venire imballati, i manufatti venivano esaminati accuratamente: a molti fu applicato un velo di protezione, mentre le grandi tele furono rimosse, arrotolate e inserite in grandi tubi di zinco. Arrivate all´accentramento, le casse venivano numerate e catalogate in un registro di carico: ognuna era munita di un cartello con l´indicazione della città di provenienza e veniva sistemata in modo da lasciare visibile tale informazione. Nonostante la scarsità di mezzi e personale, su richiesta della Soprintendenza venivano effettuati costanti controlli sullo stato di conservazione delle opere per evitare la formazione di muffe o gli attacchi di insetti. È da sottolineare che durante queste ispezioni non vennero mai rinvenuti segni di degrado, proprio “grazie all´oculatezza dei custodi nel dar l´aria agli ambienti”, che rimanevano quindi sempre asciutti. Il diario di Someda de Marco costituisce una preziosa e rara testimonianza della gestione quotidiana di un deposito: dalle questioni relative al personale (permessi, indennizzi, esoneri), al sistema antincendio (pompe ed estintori chimici), all´impianto di una linea di telefonica. Leggendo le pagine del dattiloscritto non si può che rimanere colpiti dall´impegno e la dedizione con cui non solo Someda, ma anche la sua squadra portarono avanti il proprio lavoro. Someda, attentissimo alla sicurezza della sede dell´accentramento, che visita personalmente e continuamente, sottolinea la necessità di munire gli edifici contenenti le opere d´arte con estintori chimici, parafulmini, un´elettropompa antincendio, scale a pioli, materiali di protezione quali sacchi di sabbia, carta e travi di legno, chiodi, oltre l´indispensabile impianto di telefono militare. L´allacciamento per l´energia elettrica era poi necessario per far funzionare l´elettropompa antincendio e per il riscaldamento della sala dei due custodi. Con l´intensificarsi della guerra, Someda si trovò ad affrontare anche il problema della riduzione del personale attivo a Villa Manin, a causa del richiamo alle armi: a partire dal dicembre di 1940 egli si prodigò con ogni mezzo per ottenere l´esonero dal servizio militare dapprima per un custode, poi per tutti gli addetti all´accentramento. Ulteriore fonte di preoccupazione fu la riduzione del picchetto di guardia a Villa Manin, fatto che esponeva inevitabilmente l´accentramento a grossi pericoli . Solo dopo innumerevoli richieste, Someda riuscì ad incrementare il corpo di guardia, che arrivò a contare 8 soldati, 2 caporali e 1 caporale maggiore.