 “Cosa sarà della nostra Italia, delle sue bellezze artistiche, di noi squassati dalla bufera che ci investe!”
 
“Cosa sarà della nostra Italia, delle sue bellezze artistiche, di noi squassati dalla bufera che ci investe!” 
   
(8 settembre 1943)
 
Nell´aprile del 1938 sul periodico ufficiale del Ministero dell´Educazione Nazionale, il “Bollettino d´Arte”, il Ministro Giuseppe Bottai, affermava perentoriamente: «penso che il patrimonio artistico nazionale debba essere difeso strenuamente e con ogni mezzo […] alla stessa stregua delle famiglie, delle case, della terra», sancendo così l´ineludibile valore identitario del patrimonio culturale in un´ottica nazionalista.
Già prima dell´entrata in guerra dell´Italia, fin dalla metà degli anni Trenta il Ministero aveva
incaricato le locali soprintendenze di progettare misure per la protezione dei beni artistici dalle incursioni aeree con l´intento di tutelare sia i monumenti sia le opere mobili, i primi mediante strutture di protezione, le seconde con il trasferimento e concentramento in luoghi considerati più sicuri, lontani dai centri abitati.
Nell´area nordorientale del Regno, che comprendeva le allora province di Udine, Gorizia e Trieste e l´Istria con Pola e Fiume, la Soprintendenza (che a quel tempo aveva sede solo a Trieste), dopo alcune esitazioni, nel 1939 scelse come luogo di raccolta Villa Manin di Passariano. Nell´imminenza dell´entrata in guerra il soprintendente 
Fausto Franco, rappresentante dell´autorità statale, attribuì il compito di organizzare le operazioni di concentramento a Villa Manin a 
Carlo Someda de Marco, funzionario non statale, dal 1932 direttore del Museo Civico di Udine.
L´azione di Someda de Marco si rivelò preziosa ancor più dopo il fatidico 8 settembre 1943, quando, passata l´area nordorientale sotto il diretto controllo del Reich tedesco (Operationszone Adriatisches Küstenland), in un clima di precarietà, di drastici rivolgimenti e di difficoltà materiali di ogni genere, egli si adoperò con abnegazione per salvaguardare il patrimonio della regione, giungendo anche a opporre una efficace e coraggiosa resistenza passiva alle richieste dei funzionari tedeschi di conoscere l´esatta ubicazione delle opere che gli erano state affidate.
Sull´attività di tutela da lui svolta nei cruciali cinque anni di guerra Someda de Marco ha lasciato un prezioso dattiloscritto, un 
Diario redatto per l´esigenza – sentita anche da altri funzionari e soprintendenti nel resto d´Italia – in cui tra l´altro sembra di ravvisare la necessità di avvalorare e giustificare l´adozione di misure e di provvedimenti presi in momenti di crisi e talora senza la possibilità di ottenere i necessari avalli da parte delle autorità superiori.
Alle pagine del diario che inizia il 10 aprile 1940, due mesi prima dell´entrata in guerra, e si conclude il 25 maggio 1945, a un mese dalla Liberazione, appartengono le citazioni che scandiscono l´illustrazione di queste vicende.