Come nel resto d´Italia, misure per la protezione antiaerea dei monumenti erano state progettate fin dagli anni Trenta e furono messe in atto fin dagli inizi della Guerra. Nel diario di Someda de Marco questo tema diventa dominante specialmente dopo il settembre 1943, in riferimento a tutto il patrimonio del Friuli. L´intensificarsi delle incursioni aeree obbliga a vagliare numerosi provvedimenti per la messa in sicurezza dei monumenti più esposti o più fragili sia a Udine (porta laterale del Duomo, cappella Manin, abside di S. Maria di Castello) sia a Cividale, pur nella difficoltà di approvigionamento di materiali e di trasporti. Per quanto riguarda la difesa antiaerea degli affreschi, i siti maggiormente a rischio vennero dotati di robuste puntellature e strutture lignee, che venivano applicate sulle preziose superfici, per limitare i danni da spostamenti d´aria. Fra le superfici affrescate e gli assiti furono posti sacchi di carta pieni di trucioli di legno e, fra queste e le pitture, dei fogli di cartone cannettato: in questo modo si creava una protezione morbida, adattabile ai vari livelli dei soffitti. Il fatto che questi interventi di protezione fossero avvallati di buon grado dalle autorità tedesche è ravvisabile in una relazione stilata dagli Alleati nell´agosto 1945 “on German Activities 1943-5 in the Operationszone Adriatisches Küstenland in the Field of Fine Arts, Libraries and Archives”: “The creation of protective works to prevent possible damage by air-attack to important monuments was a normal part of the Italian Superintendency´s functions, and the activity of the Abt. Denkmalschutz was in this respect in the main that of smoothing out administrative difficulties and helping in the supply of materials. The only recorded instance of direct action by the Abt. Denkmalschutz was, significantly enough, in the case of a church at TARVISIO, which confirms the view that territory in this valley up to the old Italo-Austrian frontier was in fact considered as effectively part of the Reich.” (London, Public Record Office, WO 204/2992) Tra i siti affrescati di Udine su cui Someda concentrò di più l´azione di tutela troviamo la Chiesa di Santa Maria del Castello e la Cappella della Purità, contenente gli affreschi del Tiepolo. Per quanto riguarda il primo edificio, esso aveva subito dei danni a causa dei trafori effettuati nel colle del Castello: nel settembre 1944, dato che le fenditure dell´edificio si erano fatte sempre più gravi “ad onta delle assicurazioni date dagli ingegneri”, si provvede a porre una robusta centina di sostegno all´arco incrinato. Qualche mese dopo il restauratore Giuseppe Buzzi viene incaricato di applicare dei veli protettivi alle superfici degli affreschi nelle zone in cui il colore era più fragile. Qualche giorno più tardi, però, queste precauzioni però non sembrano più sufficienti e si ordinò lo stacco degli affreschi, che vengono conservati nel Museo. Oltre alla difesa in situ, nel maggio del 1944 venne anche avanzata l´idea di staccare gli affreschi del Tiepolo della cappella della Purità di Udine, riproposta poi l´anno successivo. Someda de Marco si dimostrò decisamente contrario, consapevole del pericolo al quale sarebbe stati esposti nell´eventualità in cui non fosse riuscita bene l´operazione. Tra le aree sotto la tutela di Someda de Marco vi era anche la Carnia, dove nell´autunno del 1944 versava in una situazione disastrosa per “la presenza delle truppe caucasiche che nulla rispettano e risparmiano”. Erano a rischio gli arredi delle chiesette carniche, per i quali si pensa ad un trasferimento. Il Diario di Someda de Marco registra scrupolosamente i danni subiti dal patrimonio artistico durante i bombardamenti su Udine. Quelli provocati dal bombardamento del febbraio 1945 furono particolarmente gravi per l´Archivio Notarile di Udine, che perse la sua sezione più preziosa, ovvero quella contenente i documenti dal 1300 al 1500. Proprio nei giorni precedenti Someda aveva organizzato il trasferimento dei materiali dell´Archivio nella sua casa a Ceresetto, per salvaguardarli da possibili incursioni aeree. Inoltre l´Archivio rimase “per quasi otto giorni in balia di chi faceva comodo carta per vari motivi”.